GODOT.

«Mi chiamo GODOT. e scrivo canzoni. Sono cresciuto alle porte di Milano, a Cinisello Balsamo, una città che negli anni ha cominciato ad essere definita “patria della trap”. Dunque è così: son sempre stato un pesce fuor d’acqua. Io, cresciuto a pane e cantautorato italiano, le canzoni le scrivo che sembrano già vecchie. Sarà forse per questo che il mio negozio preferito al mondo è un vecchio negozietto dell’usato in una dimenticata via meneghina? Ho cominciato a scrivere canzoni per gioco. E no, non è tanto per, è proprio così. Scrivevo testi comici su melodie di canzoni famose e poi mi esibivo in classe dedicando le mie perle una volta alla professoressa, un’altra alla mia sfortunata amica Martina. Ero in seconda media. Mi sorprese l’attenzione con cui le persone mi stavano ad ascoltare, e nonostante io dicessi una quantità immensa di fesserie, loro mi ascoltavano. Fu così che un giorno allora provai a buttare giù qualche strofa, con la melodia che mi risuonava in testa, chiamai la mia amata cugina (con il suo fortunatissimo orecchio assoluto) e le chiesi di accompagnami alla chitarra. Avevo scritto la mia prima canzone.
Decisi allora di iscrivermi a canto, a quel punto avevo 16 anni e una voce piena zeppa di incertezze. Allo studio della voce si affiancò la nascita di una serie si sfortunate band, prima i Keynote (ma che successo ebbe a Cinisello la nostra “Come Neve”!), poi i ThePratellis (con cui sperimentai la terribile esperienza di quattro ore di musica di un matrimonio, ma ricevetti anche il mio primo compenso da cantante!). A 20 anni suonati, ispirato dalla mia insegnante di canto, comprai un ukulele (ecco, tengo a precisare che fino ai 20 anni io scrivevo, immaginavo la melodia, e poi lasciavo che altri la suonassero: pessimo esempio, non seguitemi!). A quel punto, mentre anche i ThePratellis si scioglievano, a me non rimaneva che mettermi d’impegno e imparare almeno a suonicchiare qualcosa. Sono stati anni molto intensi per me, il mio trasferimento in Cambogia, il rientro a Milano con nuove consapevolezze, nuove paure… Avevo bisogno di essere ascoltato, ma non sapevo come parlare. Da questo momento in avanti, era circa il 2014, ho completamente rinnovato il mio modo di scrivere, memore di quanto accadesse alle medie: “se canti, ti ascolteranno”. Ho cominciato a raccontarmi per davvero, a mettermi a nudo e la musica per me è diventata terapeutica.Tutto accadeva nel “silenzio” della mia cameretta. Poi, nel 2017, ho deciso che era giunto il momento di farsi ascoltare. Quello è il momento in cui è nato GODOT. Era il 21 marzo 2017. Mi sono autoprodotto l’EP “ME NE VADO A LONDRA” e, accompagnato dall’ormai inseparabile ukulele, ho cominciato a girare di locale in locale cantando la mia storia.Nel 2019 ho deciso poi di imbarcarmi in una impresa che mi pareva impossibile: la produzione di un album. Negli ultimi tre anni non mi sono mai fermato, inseguendo l’enorme desiderio che ho di mettere a disposizione degli altri il poco che la vita mi ha insegnato, di condividere i miei dolori e magari guarire quelli degli altri, di essere contenti insieme e gridare all’unisono. La musica è la mia terapia, ma è anche la mia forma di condivisione più pura.»